mercoledì 28 maggio 2014

L'amore per il lavoro

Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l'amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono. [...]
E' malinconicamente vero che molti lavori non sono amabili, ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto: chi lo fa, si condanna per la vita a odiare non solo il lavoro, ma se stesso e il mondo. Si può e si deve combattere perché il frutto del lavoro rimanga nelle mani di chi lo fa, e perché il lavoro stesso non sia una pena, ma l'amore o rispettivamente l'odio per l'opera sono un dato interno, originario, che dipende molto dalla storia dell'individuo, e meno di quanto si creda dalle strutture produttive entro cui il lavoro si svolge.
(cap. "Batter la lastra", pag. 81)

Mi rendo conto di quanto le parole sopra citate abbiano poco a che fare con la tecnologia. Credo, però, di aver incontrato rare volte una constatazione così vera seppur semplice, espressa con tanto sentimento e poesia.
Spero di poter provare la sensazione a cui Primo Levi si riferisce.

martedì 13 maggio 2014

Derrick

Di storie di montaggi di gru ne avrei ancora una quantità, ma poi uno finisce che diventa noioso. Quella volta lì era un derrick. [...]
Ogni modo quello era un derrick niente di speciale, una ventina di metri, un derrick di perforazione, di quelli che se non si trova niente uno poi li smonta e se li porta in un altro posto. [...]
Come montaggio, era roba da ridere.
(cap. "L'aiutante", pagg. 28-29)

Bene, il mio uomo mi dice appunto che si tratta di finire il montaggio di un derrick, in un cantiere lontano una quarantina di chilometri, e poi di metterlo su delle barche e di portarlo nel mare su un bassofondo mica tanto lontano.
(cap. "Off-shore", pagg.55-56)

Lo sa bene che io non so nuotare. Gliel'ho detto quella volta che le ho raccontato del derrick e dell'Alasca. E' che l'acqua mi fa impressione
(cap. "Il vino e l'acqua", pag.95)

Mentre Faussone racconta all'autore la storia del primo montaggio citato, è lo stesso Primo Levi a darci alcune informazioni riguardo all'origine della parola "derrick": il signor Derryck era un Londinese vissuto nel Cinquecento, carnefice della Corona Britannica; egli, intendendo perfezionare i propri strumenti, realizzò una nuova forca in traliccio alta e snella, affinché il il condannato potesse essere visto da lontano; tale strumento venne chiamato "derrick gallows", abbreviato "derrick", nome che fu poi esteso ad altre strutture in traliccio destinate ad altri scopi.

Il derrick, chiamato anche torre di perforazione, è un traliccio d'acciaio di forma piramidale utilizzato, generalmente nei pozzi petroliferi, per la trivellazione del sottosuolo. 
I derrick si differenziano in più tipologie, a seconda del tipo di impianto in cui sono usati.
Il vero e proprio derrick è quello applicato soprattutto su piattaforme petrolifere; è di grandi dimensioni e di struttura molto rigida, per poter essere in grado di reggere le sollecitazione che la piattaforma subisce a causa del moto ondoso e delle correnti superficiali marine.

(link Wikipedia)


Struttura derrick a terra.


Derrick su piattaforma.